IL TEMPO FUGGE  di Filippo Massari
Tenerissimo mio Gesù,
il mio tempo corre…
vola via…
Quante porte aperte non ho attraversato…
Quanti treni ho perduto…
Quante volte ho finto di non udire le Tue Dolci parole….I Tuoi inviti…
Quante promesse Ti ho fatto…ma subito sono fuggito dicendo: dopo.
Quante opportunità mi hai dato…..
Ma io ho risposto sempre dicendo dopo…!
Tu sei sempre dentro di me !
Continui a guardarmi,a proteggermi….
Sicuramente nella Tua infinita Misericordia anche a perdonarmi !
Ma io non riesco a fermare il tempo…..
Il mio dopo è passato da tanto…
Ed ora ?
Ed ora che continuo a piangere la banalità della mia vita passata ?
Di quella presente ?
Come posso combattere contro la mia debolezza…
La mia paura….
Non posso tornare indietro…e forse, anche se lo potessi…
Ricadrei negli stessi errori.
Il mio tempo comincia ad arrivare alla fine….
La candela della mia vita si sta consumando sempre più in fretta…
La sua luce è diventata solo una fiammella…che non riesce ad illuminare la mia notte !
Ma in fondo,ho sempre vissuto in una eterna notte !
O mio Compassionevole Gesù…..
Tu puoi tutto !
Non mi abbandonare in questa mia banale apatia,
dammi ancora la speranza…
dammi la forza…
non mi abbandonare….
Lo so, non ho fatto niente per Te,
non merito niente….
Ma Tu che sei l’essenza dell’Amore,
Tu che mi hai donato il Tuo Preziosissimo Sangue,
le Tue Sacre Piaghe…
Non permettere che chiuda per l’ultima volta i miei occhi con solo l’immagine della nullità della mia esistenza !
Gesù Misericordia confido in te e a Te affido tutto me stesso.

Sia Santificato Il Tuo Nome

di William E. Sutter
traduzione: Alessandro Valli

Il nome di Dio nell’Antico Testamento è YAHWEH (YHWH oppure YHVH, Esodo 3:14-15). Sebbene esso venga spesso tradotto e trascritto con “DIO” o “SIGNORE” scritti in lettere maiuscole, in realtà il nome Yahweh differisce da questi due termini. Dio è il nome biblico che designa il Supremo Essere, il quale è la Fonte, il Sostegno e il Significante di tutte le cose (Romani 11.36). Signore è invece il termine biblico che sta ad indicare il diritto di sovranità di Dio su tutte le cose.

Con il nome Yahweh si evidenzia come Dio sia santo e come tale va considerato. Uno dei dieci comandamenti vieta di pronunciare il nome di Dio invano. Per questa ragione, diversi ebrei si riferiscono a Dio utilizzando il termine Hashem – “il Nome”. Quando Gesù insegnò ai suoi discepoli a pregare, li invitò a rivolgersi al Padre celeste dicendo: “Sia santificato (separato, venerato) il Tuo nome” (Matteo 6:9).

La sacralità del nome di Dio è uno dei principali temi trattati nel libro di Ezechiele. I primi 32 capitoli di questo libri parlano soprattutto del giudizio di Dio su Israele e sulle nazioni confinanti. Ma subito dopo aver descritto la distruzione di Gerusalemme da parte di Babilonia nel 586 A.C. (33:21), Ezechiele inizia la profezia relativa alla benedizione futura di Israele (33-39), compresa quella di un nuovo Tempio (capitoli 40-48).

Alcune delle profezie di Ezechiele si riferiscono ad avvenimenti già accaduti. Ma la gran parte di esse rivelano cosa avverrà nel periodo immediatamente precedente e successivo alla venuta del Regno messianico.

Il capitolo 36 rivela la gloria futura di Israele e come attraverso la benedizione di Israele, Yahweh santificherà il Suo santo nome.

LA PROFEZIA DEI MONTI
Ezechiele ordinò ai monti di Israele di ascoltare Yahweh. Poiché il terreno fisico è incapace di udire, è chiaro che Dio usi l’immagine di oggetto inanimati per riferirsi indirettamente al popolo di Israele. Nel capitolo 6, Egli si rivolse ai monti per predire giudizi, mentre ora Egli predice benedizioni.

I monti di Israele sono in contrasto coi monti Seir degli edomiti citati nel capitolo 35. Quando i babilonesi menarono Israele in cattività, gli edomiti si rallegrarono, causarono dei danni ad Israele e non contenti si impossessarono delle loro terre. Poiché maltrattarono la nazione di Israele, Dio promise che tutta Edom sarebbe rimasta desolata:

Siccome ti sei rallegrato perché l’eredità della casa d’Israele era devastata, io farò lo stesso di te: diventerai una desolazione, o monte Seir, tu e Edom tutto quanto; e si conoscerà che io sono il SIGNORE (35:15).

Anche Israele ha conosciuto per molti anni la condizione della desolazione e ciò avvenne per buoni motivi. Fu a causa dei peccati di Israele che Dio mandò delle calamità e ne fece oggetto di insulti, derisioni e scherno. I paesi vicini poterono appropriarsi delle terre di Israele con animo allegro e a cuor leggero .

Ma i nemici di Israele non capirono (e neppure ora lo capiscono) che quando si spartirono tra loro la Terra Promessa, in realtà la stavano rubando a Dio:

nel fuoco della mia gelosia, io parlo contro il resto delle altre nazioni e contro Edom tutto quanto, che hanno fatto del mio paese il loro possesso con tutta la gioia del cuore e il disprezzo dell’anima, per ridurlo in bottino (36:5)

Egli la chiama “il Mio paese”. Spesso si rivolge a questo luogo chiamandolo “terra di Israele”, a dimostrazione che Egli ne è il vero proprietario e Israele il vero tenutario.

Ma Yahweh decise che Israele non avrebbe portato per sempre “la vergogna delle nazioni” (36:6). Nella Sua ira Egli condannò duramente Edom e le nazioni, promettendo solennemente che essi avrebbero presi su di loro la propria parte di insulti e rimproveri.

Invece ci saranno frutti in abbondanza per quelli del popolo del Dio di Israele, i quali torneranno a Lui. Il possesso finale e definitivo di questa terra da parte di Israele è quindi assicurato.

Dio dà un’ottima spiegazione a questa abbondanza: “Infatti, ecco, io vengo a voi, mi volgerò verso di voi” (v.9). Sebbene queste parole siano rivolte ai monti di Israele è comunque evidente che riguardano il popolo ebraico. Yahweh è dalla nostra parte. Ed è per questo che Egli si volgerà a loro (girando il Suo sguardo nella loro direzione) a significare che Egli li benedirà.

Non solo Dio provocherà il ritorno del popolo ebraico sulla propria terra, ma li moltiplicherà una volta che saranno arrivati (v. 19). Tutti quelli della casa di Israele saranno presenti, ossia vi saranno tutte e dodici le tribù. Riempiranno quindi le città e tutti quei luoghi una volta desolati (Ezechiele 48). La sequenza della restaurazione che caratterizzerà Israele in quei giorni è la seguente: prima i monti e le terre, poi le persone e gli animali. Dio ha promesso di benedire la terra di Israele come mai prima e si assicurerà che Israele possa sempre dimorarvi e possederla. Mai più questa terra subirà gli insulti e le sciagure. Tutta Israele riconoscerà che Egli è Yahweh.

Ma come è possibile che Israele possa rimanere in questa terra se la sua presenza è legata alla propria obbedienza a Yahweh (Levitico 20:22)? La risposta si trova in Ezechiele 36.

PROFEZIA ALLA CASA DI ISRAELE
Innanzitutto Dio voleva far sapere che il suo giudizio sarebbe caduto su Israele a motivo della profanazione che essi fecero della propria terra. Gli israeliti versarono sangue innocente e adorarono degli idoli. Per Yahweh questa profanazione era paragonabile a quella delle impurità delle donne (v.17). A motivo di ciò Dio scagliò la Sua ira su Israele, disperdendo il Suo popolo fra le nazioni (v. 19).

Israele non si limitò a questo. Mentre veniva dispersi tra i gentili, essi profanarono il nome di Yahweh. Il santo nome di Dio non deve essere profanato ed Egli stesso interverrà per proteggerlo.

In seguito Dio ordinò ad Ezechiele di profetizzare non più ai monti ma direttamente al popolo (una profezia simile a quella che si trova in Ezechiele 20:33-44). Yahweh disse agli israeliti che ciò che stava per compiere non era dovuto a causa loro, bensì a causa del Suo nome:

“Perciò, di’ alla casa d’Israele: “Così parla DIO, il Signore: Io agisco così, non a causa di voi, o casa d’Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni dove siete andati. Io santificherò il mio gran nome che è stato profanato fra le nazioni, in mezzo alle quali voi l’avete profanato; e le nazioni conosceranno che io sono il SIGNORE, dice il Signore, DIO, quando io mi santificherò in voi, sotto i loro occhi. ” (vv. 22-23).

Il nome di Dio è accompagnato da una santa reputazione, che Egli difenderà e rivendicherà attraverso grandi prodigi per Israele di fronte ai Gentili. A quel punto anche i Gentili riconosceranno che Egli è Yahweh. Ecco qui di seguito la sequenza con cui Dio realizzerà il Suo piano:

(1) Io vi farò uscire dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi, e vi ricondurrò nel vostro paese. (2) Poi vi aspergerò d’acqua pura e sarete puri (3) Io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli. (4) Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; (5) toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. (6) etterò dentro di voi il mio spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni. Ezechiele 36:28 Abiterete nel paese che io diedi ai vostri padri, sarete il mio popolo, (7) E Io sarò il vostro Dio. (8) Io vi libererò da tutte le vostre impurità. (9) Io vi libererò da tutte le vostre impurità; chiamerò il frumento, lo farò abbondare, e non manderò più contro di voi la fame. (10) Farò moltiplicare il frutto degli alberi e il prodotto dei campi, affinché non siate più esposti alla vergogna della fame tra le nazioni.. … (11) Farò in modo che le città saranno abitate e le rovine saranno ricostruite; . …Io, il SIGNORE, parlo, e mando la cosa a effetto (Ezechiele 36:24-31, 33, 36).

C’è da notare che Egli chiama la terra di Israele “vostro (cioè del popolo ebraico) paese”. Vuole quindi purificare spiritualmente questa nazione, rimuoverne il cuore di pietra (ossia la propria natura ribelle alla Sua volontà e alla verità) per darne un cuore di carne (una nuva natura di obbedienza). Dio inoltre darà a questo popolo il Suo Spirito Santo. Tutte queste benedizioni porteranno Israele a seguire fedelmente la Parola di Dio.

Di conseguenza, Israele sarà in grado sempre di rimanere nella Terra Promessa. La nazione sarà finalmente affrancata ad uno stato spirituale che la preserverà dalle cadute. Gli ebrei saranno il popolo di Yahweh ed Egli sarà il loro Dio.

Egli porterà una tale prosperità che Israele non soffrirà più la fame. A quel punto il popolo si ricorderà di quando rigettarono il loro Dio e proveranno vergogna di loro stessi: “Allora vi ricorderete delle vostre vie malvagie e delle vostre azioni, che non erano buone, e avrete disgusto di voi stessi a motivo delle vostre iniquità e delle vostre abominazioni.” (v. 31). Dio precisa che Egli farà tutto ciò non a motivo di Israele ma per Sé (v.32).

UNA PROMESSA E’ UNA PROMESSA
Per concludere, Yahweh ribadisce che Egli realizzerà tutto ciò per il paese e per il Suo popolo nei giorni futuri. Questa terra rinascerà a nuovo splendore a tal punto che a confronto della desolazione passata sembrerà il giardino dell’Eden (vv.34-35). Le nazioni riconosceranno la mano di Dio in questa opera, a conferma che quando Yahweh fa una promessa essa si realizza.

Per quanto riguarda la popolazione di Israele, essa crescerà grandemente, in contrasto a ciò che avvenne quando disobbedirono al Signore (Deuteronomio 28:62). Le città di Israele saranno riempite di “greggi” di uomini” e Yahweh promette che “si conoscerà che io sono il SIGNORE” (Ezechiele 36:38).

In questo capitolo ci sono 61 promesse non ancora adempiute. La maggior parte riguarda Israele, mentre nessuna di esse concerne la chiesa. Queste promesse hanno senso solo se vengono interpretate letteralmente e non figurativamente. Ezechiele 36 insegna che le nazioni dovranno stare molto attente a come tratteranno Israele. Fino a quando le promesse di restaurazione non verranno completate, i gentili non dovranno mettere in pericolo Israele, né insultarlo e neppure appropriarsi delle sue terre. Dio chiama Israele il Suo popolo, anche quando essi sono nella disobbedienza o in esilio.

E così come Egli agisce in nostro favore anche se non lo meritiamo, allo stesso modo Egli agirà in favore di Israele, per la Sua gloria.

A dispetto di ciò che molti dicono, Dio si rivela davvero in modo chiaro. In non meno di 73 versetti presenti nel libro di Ezechiele (quattro di essi si trovano nel capitolo 36), Dio dichiara la Sua intenzione di portare tutti gli uomini (ebrei e gentili) a riconoscere che Yahweh è Dio. Questo è il Suo nome e non deve essere profanato.

Bruce Scott membro rappresentativo Israel My Glory Gen-Feb 2007

http://www.apocalypsesoon.org/I/i-xfile-58.htm


http://www.testimariani.net/Magistero/Papi/gp2/Catechesi/17-24-4-96/INDEX.HTM

LE CATECHESI MARIANE

«17. La figlia di Sion »(1996)
Edizione Ufficiale:
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX/1 (1996) p. 1070-1073

Mercoledì 24 aprile 1996

      [1070] 1. La Bibbia usa spesso l’espressione «figlia di Sion», per indicare gli abitanti della città di Gerusalemme, della quale il monte Sion costituisce la parte storicamente e religiosamente più significativa (cf. Mic 4,10-13; Sof 3,14-18; Zc 2,14; 9,9-10).
Questa personalizzazione al femminile rende più agevole l’interpretazione sponsale delle relazioni d’amore tra Dio e Israele, indicato spesso con i termini dì «fidanzata» o di «sposa».
La storia della salvezza è la storia dell’amore di Dio, ma spesso anche dell’infedeltà dell’essere umano. La Parola del Signore rimprovera sovente la sposa-popolo che infrange l’alleanza nuziale stabilita con Dio: «Come una donna è infedele al suo amante, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me» (Ger 3,20), e invita i figli d’Israele ad accusare la loro madre: «Accusate vostra madre, accusatela, perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito!» (Os 2,4).
In che cosa consiste il peccato di infedeltà di cui si macchia Israele, la «sposa» di Iahvè? Esso consiste soprattutto nell’idolatria: secondo il testo sacro, per il Signore, il ricorso agli idoli da parte del popolo eletto equivale ad un adulterio.

2. È il profeta Osea che sviluppa, con immagini forti e drammatiche, il tema dell’alleanza sponsale tra Dio e il suo popolo e del tradimento da parte di quest’ultimo: la sua stessa vicenda personale ne diventa simbolo eloquente. Alla nascita della prole, infatti, egli riceve l’ordine: «Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d’Israele, è1071] non ne avrò più compassione», e ancora: «Chiamalo Non-mio-popolo, perché voi non siete mio popolo e io non esisto per voi» (Os 1,6.9).
Il richiamo del Signore e la deludente esperienza del culto agli idoli faranno rinsavire la sposa infedele che, pentita, dirà: «Ritornerò al mio marito di prima, perché ero più felice di ora» (Os 2,9). Ma Dio stesso desidera ristabilire l’alleanza, e allora la sua Parola si fa memoria, misericordia e tenerezza: «Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrà nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). Il deserto, infatti, è il luogo in cui Dio, dopo la liberazione dalla schiavitù, ha stabilito l’alleanza definitiva con il suo popolo.
Attraverso queste immagini di amore, che ripropongono il difficile rapporto tra Dio e Israele, il profeta illustra il grande dramma del peccato, l’infelicità della via dell’infedeltà e gli sforzi dell’amore divino per parlare al cuore degli uomini e riportarli all’alleanza.

3. Nonostante le difficoltà del presente, Dio annuncia, per bocca dei profeta, un’alleanza più perfetta per il futuro: «E avverrà in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone… Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,18.21-22).
Il Signore non si scoraggia di fronte alle debolezze umane, ma risponde alle infedeltà degli uomini proponendo una unione più stabile e più intima: «Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio» (Os 2,25).
La stessa prospettiva di una nuova alleanza viene riproposta da Geremia al popolo in esilio: «In quel tempo – oracolo del Signore – io sarò Dio per tutte le tribù d’Israele ed esse saranno il mio popolo». Così dice il Signore: «Ha trovato grazia nel deserto un popo[1072]lo di scampati alla spada; Israele si avvia a una quieta dimora». Da lontano gli è apparso il Signore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine di Israele» (Ger 31,1-4).
Nonostante le infedeltà del popolo, l’amore eterno di Dio è sempre pronto a ristabilire il patto d’amore e a donare una salvezza che supera ogni attesa.

4. Anche Ezechiele ed Isaia fanno riferimento all’immagine della donna infedele perdonata.
Attraverso Ezechiele il Signore dice alla sposa: «Ma io mi ricorderò dell’alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un’alleanza eterna» (Ez 16,60).
Il Libro di Isaia riporta un oracolo pieno di tenerezza: «Tuo Sposo è il tuo Creatore… Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore» (Is 54,5.7-8).
Quello promesso alla figlia di Sion è un amore nuovo e fedele, una magnifica speranza che supera l’abbandono della sposa infedele: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco ha con sé la sua mercede, la sua ricompensa è davanti a lui. Li chiameranno popolo santo, redenti dal Signore.
E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata» (Is 62,11-12).
Il profeta precisa: «Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,4-5).
[1073] Immagini e atteggiamenti d’amore che il Cantico dei Cantici sintetizza nell’espressione: «Io sono per il mio diletto, e il mio diletto è per me» (Ct 6,3). È così riproposto in termini ideali il rapporto tra Iahvè e il suo popolo.

5. Quando ascoltava la lettura degli oracoli profetici, Maria doveva far riferimento a questa prospettiva, che alimentava nel suo cuore la speranza messianica.
I rimproveri rivolti al popolo infedele dovevano suscitare in lei un impegno più ardente di fedeltà all’alleanza, aprendo il suo spirito alla proposta di una definitiva comunione sponsale con il Signore nella grazia e nell’amore. Da quella nuova alleanza sarebbe venuta la salvezza del mondo intero.

Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX/1 (1996) p. 1070-1073

http://www.icavalieritemplari.it/ave_sitientes.htm

http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Gb38:22-23;37:6,15;38:33-35,37;36:32;37:2-4;38:25-29;36:27-31;37:10-13;Sal107:33-36;135:6-7;147:16-18;148:8;Ger14:22;Am3:6;Is45:7;44:27;50:2-3;51:15;Ger10:

http://blog.libero.it/Evangelico/9083208.html

http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Sal107-108&versioni%5B%5D=Nuova%20Diodati

http://lasacrabibbiaelaconcordanza.lanuovavia.org/bc/19-sal/sal-107.html

Celebrate il SIGNORE, perch’egli è buono, perché la sua bontà dura in eterno!
 Così dicano i riscattati del SIGNORE, ch’egli liberò dalla mano dell’avversario
e riunì da tutti i paesi, da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno.
 Essi vagavano nel deserto per vie desolate; non trovavano città dove poter abitare.
 Soffrivano la fame e la sete, l’anima veniva meno in loro.
 Ma nella loro angoscia gridarono al SIGNORE ed egli li liberò dalle loro tribolazioni.
 Li condusse per la retta via, perché giungessero a una città da abitare.
 Celebrino il SIGNORE per la sua bontà e per i suoi prodigi in favore degli uomini!
 Poich’egli ha ristorato l’anima assetata e ha colmato di beni l’anima affamata.
 Altri dimoravano in tenebre e in ombra di morte, prigionieri nell’afflizione e nelle catene,
 perché si erano ribellati alle parole di Dio e avevano disprezzato gli avvertimenti dell’Altissimo;
perciò egli umiliò i loro cuori nella sofferenza; essi caddero, e nessuno li soccorse.
 Gridarono al SIGNORE nella loro angoscia ed egli li salvò dalle loro tribolazioni;
 li fece uscire dalle tenebre e dall’ombra di morte, spezzò le loro catene.
 Celebrino il SIGNORE per la sua bontà e per i suoi prodigi in favore degli uomini!
 Poich’egli ha sfondato porte di bronzo e ha spezzato sbarre di ferro.
 Soffrivano, gli stolti, per il loro comportamento ribelle, e per le proprie colpe;
 l’anima loro rifiutava qualsiasi cibo, ed erano giunti fino alle soglie della morte.
 Nell’angoscia, gridarono al SIGNORE ed egli li liberò dalle loro tribolazioni.
 Mandò la sua parola, li guarì e li salvò dalla morte.
 Celebrino il SIGNORE per la sua bontà e per i suoi prodigi in favore degli uomini!
 Offrano sacrifici di lode e raccontino le sue opere con gioia!
 Quelli che solcano il mare su navi e trafficano sulle grandi acque,
 vedono le opere del SIGNORE e le sue meraviglie negli abissi marini.
 Egli comanda, e fa soffiare la tempesta che solleva le onde.
 Salgono al cielo, scendono negli abissi; l’anima loro vien meno per l’angoscia.
 Traballano, barcollano come ubriachi e tutta la loro abilità svanisce.
 Ma nell’angoscia gridano al SIGNORE ed egli li libera dalle loro tribolazioni.
 Egli riduce la tempesta al silenzio e le onde del mare si calmano.
 Si rallegrano alla vista delle acque calme, ed egli li conduce al porto tanto sospirato.

 Celebrino il SIGNORE per la sua bontà e per i suoi prodigi in favore degli uomini.

 Lo esaltino nell’assemblea del popolo e lo lodino nel consiglio degli anziani!
Egli muta i fiumi in deserto e le fonti d’acqua in luoghi aridi;

 la terra fertile in pianura di sale, per la malvagità dei suoi abitanti.
 Egli muta il deserto in lago e la terra arida in fonti d’acqua.
 Là fa risiedere gli affamati ed essi fondano una città da abitare.
 Vi seminano campi e vi piantano vigne e ne raccolgono frutti abbondanti.
 Egli li benedice perché crescano di numero e non lascia diminuire il loro bestiame.
 Ma poi, ridotti a pochi, sono umiliati per l’oppressione, per l’avversità e gli affanni.
 Egli getta il disprezzo sui potenti e li fa errare per deserti senza strade;
 ma solleva il povero dalla miseria e rende le famiglie numerose come greggi.
 Gli uomini retti lo vedono, si rallegrano e ogni malvagio ha la bocca chiusa.
 Chi è saggio osservi queste cose e consideri la bontà del SIGNORE.

 IL SIGNORE,IL NOSTRO DIO,E’ IN MEZZO A NOI,COME UN POTENTE CHE SALVA;

EGLI SI RALLEGRERA’ CON GRANDE GIOIA PER CAUSA NOSTRA;

NON SI ACQUIETERA’ MAI NEL SUO IMMENSO AMORE, ESULTERA’ PER CAUSA NOSTRA, CON GRIDA DI GIOIA !

CATECHESI – Gesù terminava la sua parabola degli invitati al banchetto dicendo che chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,1.7-11). Ma cosa significa “umiliarsi”? Sono sicuro che se domandassi a varie persone cos’è per loro l’umiltà, otterrei tante risposte diverse, ognuna contenente una parte di verità, ma incomplete. Se lo domandassi a un uomo che è portato per temperamento alla violenza, a far valere il proprio punto di vista con forza, forse mi risponderebbe: “l’umiltà è non alzare la voce, non fare il prepotente in casa, essere più mite e arrendevole Se lo domandassi a una ragazza, forse mi risponderebbe: “l’umiltà è non essere vanitosa, non volere attirare lo sguardo degli altri, non vivere solo per se stessi o per la facciata…” Un sacerdote mi risponderebbe: “Essere umili significa riconoscersi peccatore, avere un sentimento basso di se stesso Ma è facile capire che così non si è toccata ancora la radice dell’umiltà. Per scoprire la vera radice dell’umiltà bisogna, come sempre, rivolgersi all’unico Maestro che è Gesù. Egli ha detto: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore ” (Mt 11,29). Per un po’ di tempo, confesso che questa frase di Gesù mi ha molto stupito. Infatti: dov’è che Gesù si mostra umile? Leggendo il vangelo non si incontra mai la benché minima ammissione di colpa da parte di Gesù. Questa è anzi una delle prove più convincenti dell’unicità e della divinità di Cristo: Gesù è l’uníco uomo che è passato sulla faccia della terra, ha incontrato amici e nemici senza dover mai dire: “Ho sbagliato!”, senza chiedere mai perdono a nessuno, neppure al Padre. La sua coscienza ci appare un cristallo: nessun senso di colpa la sfiora. Di nessun altro uomo, di nessun fondatore di religione, si legge una cosa simile. Dunque Gesù non è stato umile, se per umiltà intendiamo parlare o sentire bassamente di sé, ammettere di avere sbagliato. “Chi di voi – egli può dire con sicurezza – può convincermi di peccato?” (Gv 8,46). Eppure questo stesso Gesù dice con altrettanta sicurezza: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore ” (Mt 11,29). Allora vuol dire che l’umiltà non è proprio quella cosa che il più delle volte noi pensiamo, ma qualcos’altro che dobbiamo scoprire dai vangeli. Che cosa ha fatto Gesù per essere e dirsi “umile”? Una cosa semplicissima: si è abbassato, è sceso. Ma non con i pensieri o con le parole. No, no; con i fatti! Con i fatti Gesù è sceso, si è umiliato. Trovandosi nella condizione di Dio, nella gloria, cioè in quella condizione in cui non si può né desiderare né avere niente di meglio, è sceso; ha preso la condizione di servo, si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte (cfr. Fil 2,6ss). Una volta iniziata questa discesa vertiginosa da Dio a schiavo, non si è fermato ancora; ha continuato a scendere, tutta la vita. Si mette in ginocchio per lavare i piedi ai suoi apostoli; dice: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27). Non si arresta finché non tocca il punto oltre il quale nessuna creatura può andare, che è la morte, Ma proprio là, nel punto estremo del suo abbassamento, lo raggiunge la potenza del Padre, cioè lo Spirito Santo, afferra il corpo di Gesù nella tomba, lo vivifica, lo risuscita e lo innalza alla sommità dei cieli, gli dà il Nome che è al di sopra di ogni altro nome e ordina che ogni ginocchio si pieghi davanti a lui. Ecco un esempio concreto, la realizzazione massima della parola: “Chi si umilia sarà esaltato”.

http://papaboys.wordpress.com/2010/10/30/imparate-da-me-che-sono-mite-ed-umile-di-cuore-mt-1129-scopriamo-le-vera-radice-dellumilta/


Published in: on ottobre 1, 2011 at 8:19 PM  Lascia un commento  
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